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Nella valutazione di qualunque cosa, anche di Piracy Shield, è bene guardare sempre al “rovescio della medaglia”, non tanto per pignoleria quanto per poter giudicare o considerare tutti gli aspetti che ne fanno parte e confrontare tutte le parti in causa. Piracy Shield è nato nel 2024 (inizio Febbraio) ed è quindi uno strumento ancora nuovo e non necessariamente pronto ad affrontare le dinamiche che reggono la pirateria online nata, si può dire, con la nascita di Internet stesso.

Perchè Piracy Shield sarà (forse) un fallimento?

Prima di valutare il perchè è bene fare una precisazione sul motivo di questo articolo; non vuole essere denigratorio nei confronti della piattaforma antipirateria, ma piuttosto un’occasione per evidenziare quale è la realtà e quali sono i numeri della “pirateria” online. Ne verrà fuori un quadro per certi versi inaspettato e di sicuro lontatno dai vari proclami di Piracy Shield o di Agcom o di qualunque altro attore (detentori dei diritti) facente parte del sistema antipirateria Italiano.

Di tutte le fonti recuperabili online che si occupano di statistiche o di report su quelli che sono considerati problemi comuni o che, per qualche ragione o contesto storico, sono gli argomenti più trattati del momento, abbiamo scelto CTAM (Cable & Telecommunications Association for Marketing), registrata negli stati Uniti come organizzazione no-profit.

Chi è CTAM

CTAM è attiva da oltre 30 anni, inizialmente nel settore della televisione via cavo, promuovendo eccellenza nel marketing per l’industria televisiva. L’organizzazione ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo del settore, specialmente negli anni ’80 e ’90, con la crescita delle reti via cavo e della programmazione televisiva. Dalla fine del 2011, in seguito a cambiamenti strutturali nel settore, i suoi capitoli locali hanno cessato di esistere e l’attività si è concentrata online.

Prevede inoltre un programma di formazione per Manager del settore Comunicazione, Intrattenimento Audio-Visivo presso l’Università Harvard Business School

Nonostante non sia direttamente un’organizzazione antipirateria, gioca un ruolo importante nella lotta alla pirateria online attraverso iniziative educative e di sensibilizzazione:

  • Ridurre l’impatto finanziario identificando i fattori che determinano il comportamento dei consumatori ed educando i consumatori inconsapevoli sui rischi dell’accesso ai contenuti pirata, tra cui:
  • Educare i consumatori sui rischi dell’accesso ai contenuti da fonti illegali Identificare e sfruttare gli influencer al di fuori dell’ecosistema per fungere da sostenitori anti-pirateria Allineare le tattiche con altre organizzazioni impegnate nella mitigazione della pirateria e nelle controversie sulle violazioni del copyright, come la MPAA/ACE, la Digital Citizens Alliance, la Camera di Commercio degli Stati Uniti e altre.

Anche attraverso il sito streamsafely creato ad hoc. CTAM racchiude diversi Partners e colossi Multimediali con i quali collabora da anni.

Abbiamo valutato e ritenuto CTAM come fonte attendibile e di verificata credibilità.

piracy shield
piracy shield

Fatta questa premessa vediamo i numeri ed i comportamenti che invece si associano alla pirateria online:

Dal report di CTA (non recentissimo ma riferito all’anno 2023) si evidenziano numeri davvero importanti e che fanno riflettere sula dimensione globale del problema, rendendo la realtà Italiana pressochè ininfluente, anche se è concentrata sul nostro territorio.

Nel 2023 sono state registrate 229.400.000.000 (Duecentoventinovemiliardiequattrocentomilioni) di visite/accessi globali a siti, fonti o sistemi di pirateria. La pirateria televisiva rappresenta il 45% e quella cinematografica il 13% delle visite. (MUSO 2023 Piracy by Industry Data Review, gennaio 2024)
Quasi tre quarti (72%) dei consumatori che hanno pagato per servizi pirata utilizzando una carta di credito sono stati in seguito colpiti da addebiti fraudolenti, contro il 18% delle persone che non visitano siti pirata.
Il 44% è stato vittima di furto d’identità, contro solo il 10% delle persone che non frequentano app o siti pirata. (Digital Citizens Alliance, Giving Piracy Operators Credit, giugno 2023)

Facciamo matematica: I Paesi nel Mondo sono 205
229.400.000.000 / 205 = 1.119.024.390 quindi oltre un miliardo e cento miloni di accessi/visite per Paese/anno. Chiaramente la distribuzione reale non rispecchia quella matematica visto che il miliardo di visite non è plausibile per Paesi troppo piccoli, in cui esiste la censura, tecnologicamente non avanzati etc..

La missione di Piracy Shield è chiara: bloccare gli accessi ai siti/fonti/Server pirata, ma se gli accessi sono numericamente così imponenti è logico pensare che anche i siti/fonti/Server lo siano altrettanto (anche considerando i ripetuti accessi e non solo le “prime visite”).

E’ chiaro che un singolo organismo o piattaforma come Piracy Shield, non sia in grado di poter gestire numeri come questi e per di più in un Paese (Italia) dove le infrastrutture internet non sono ancora omogenee. Ecco spiegata la recente politica della piattaforma che negli ultimi mesi ha inasprito e farcito la legge antipirateria di ulteriori e più stringenti articoli.


Il chiedere aiuto ai colossi Web (Cloudflare, Google, Amazon ..) si è trasformato in un obbligo di accreditamento alla piattaforma Piracy Shield e per di più sancito da ordinanze di Tribunale come l’ultima nei riguardi di Google. Questi signori sarebbero quindi (usiamo il condizionale visto che non sono ancora state emesse sentenze esecutive) obbligati a bloccare una risorsa pirata in seguito ad una segnalazione, negando l’accesso alla stessa attraverso il proprio servizio o DNS.

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Non siamo in grado di poter dire se questi Big saranno davvero coinvolti o se ci saranno ordini esecutivi per tali richieste, ma facciamo l’ipotesi che questo avvenga e che quindi Goolge de-indicizzi dal proprio motore di ricerca tutti i domini/siti pirata di cui viene fatta segnalazione, che inibisca l’accesso ai suoi DNS per connettersi ad un sito o risorsa pirata.

Che Cloudflare inibisca l’uso o il servizio di caching e di protezione ai gestori di siti pirata o di Server IPTV, che inibisca l’accesso ai suoi DNS e che faccia “sparire” i suoi strumenti di Privacy come Warp.

Che le VPN siano obbligate a tracciare e consegnare i log di attività dei propri clienti, o che siano obbligate a conservarli per ulteriori accertamenti.

Uno scenario pericoloso ed improbabile da un punto di vista realistico, la possibilità di commettere errori o malfunzionamenti del sistema internet è quanto mai auspicabile. E’ come zuccherare una tazzina di caffè con un badile, un’azione spropositata se vista nel contesto Paese e con il reale rischio di oscurare (come peraltro già successo) risorse lecite e legali o risorse di pubblica utilità e necessità.

Senza poi considerare il lato più privato ma non per questo meno importante, anzi, la Privacy e la protezione dei propri dati. In un contesto come quello ipotizzato, saremmo tutti tracciati e seguiti nelle nostre attività internet più di quanto non possiamo esserlo al momento. Ora possiamo utilizzare strumenti leciti e legali per proteggere la nostra Privacy come le VPN od i sistemi di Proxy che ci garantiscono anonimato e protezione, nel momento in cui questi sistemi venissero messi “al bando” basterà accendere un PC od uno Smartphone o un Tablet od una Smart Tv per consegnare la nostra Privacy a chiunque.

Non è bieco terrorismo ma una possibilità concreta che oltretutto sarebbe innescata sulla base per cui Piracy Shield è nata; la protezione di diritti Audio-Visivi di una manciata di detentori e di un sistema (Calcio) che è malato da decenni e la causa del suo male (e perdite) non è da attribuirsi alla sola pirateria od a chi sottoscrive abbonamenti IPTV illegali. Una sproporzione netta che porterebbe a danni irreversibili e conseguenze finanziarie disastrose nel momento in cui un errore o una disconnessione coinvolgesse grossi siti o piattaforme commerciali o di eCommerce.

Quello che fa CTA invece è una soluzione (non certamente immediata) plausibile ed auspicable, ossia l’educazione all’internet legale e sicuro sia che si tratti di visionare contenuti multimendiali sia di comportamento corretto nei confronti delle risorse illegali o poco “chiare”. Una soluzione a lungo termine ma probabilmente più efficace e priva di errori grossolani o tecnici pericolosi, poi nello specifico la si può affiancare un’azione più pratica nel blocco delle risorse illegali, ma magari meno “confusionatamente” aggressiva e più ponderata visto che di sistemi per inibire l’accesso all’illegalità ce ne sono altri e talvolta più duraturi.

Si può ad esempio pensare alla collaborazione con i provider di Hosting nel blocco e cancellazione dei siti ospitati quando segnalati o risultati illegali, questo ad esempio eviterebbe un semplice cambio di dominio (che punterebbe alla stessa risorsa residente su quel Server), e sarebbe una soluzione di sicuro più duratura di un semplice blocco a quell’IP (mossa comunque azzardata vista la condivisione dello stesso IP per migliaia di altri siti, come avviene nell’Internet moderno) visto che i DNS di risoluzione sono rapidamente modificabili.

Al di là del tono perentorio del titolo dell’articolo c’è da chiedersi se davvero Piracy Shield possa diventare l’ennesimo fallimento come altri in passato. La pirateria di per sè è una grossa perdita economica per il settore Audio-Visivo ed è condivisibile la lotta che si intraprende (da decenni) per contrastarla. E’ però altrettanto evidente come i numeri e le risorse pirata siano sempre state e siano tuttora accessibili, e di sicuro in continua evoluzione, il detto “chiuso un sito ne aprono altri tre” non è poi così distante da quello che accade realmente.

Non ci auguriamo di certo che Piracy Shield fallisca, ma ci auguriamo piuttosto che la censura verso la quale stiamo andando si trasformi in collaborazione sana senza necessità di obblighi legislativi od ordini di un Giudice che al contrario alimentano opposizioni, contradditori e cattivi rapporti anche commerciali vista la concreta possibilità di abbandono del mercato Italiano da parte di provider VPN o limitazioni di utilizzo, su suolo Italiano, dei servizi di Cloudflare, tanto per citare un paio di eventuali conseguenze.

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