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Multe ai clienti del “Pezzotto” distinguiamo tra proclami e realtà facciamo il punto.

Nelle ultime ore sono apparsi decine di articoli inerenti l’inoltro di illecito e l’erogazione di multe ai clienti del Pezzotto, che hanno acquistato uno o più abbonamenti a servizi IPTV illegali (leggi Pezzotto). E’ stato anche specificato che la GdF (Guardia di Finanza) può ottenere l’individuazione certa ed univoca del “trasgressore” in 2 (due) minuti.

I multati del Pezzotto

A tal proposito si pubblicano numeri di oltre 2000 multati con importi che vanno dai 154,00 € ai 5.000,00€ per chi risulta recidivo.

La prima analisi da fare è puramente numerica, se gli oltre 2000 multati sono una quantità a prima vista ragguardevole, se paragonati al totale degli utilizzatori di IPTV illegale diventano, percentualmente parlando, al limite dell’insignificante. I numeri a cui siamo abituati nel leggere di smantellamenti di reti di IPTV pirata, parlano di centinaia di migliaia di utenti ed in alcuni casi si arriva a milioni.

Basterebbe questo per distinguere il proclamo dalla realtà. Ma vale la pena analizzare il sistema con il quale si possa e debba arrivare all’individuazione del trasgressore in modo univoco. Partiamo dal presupposto che pagare un servizio illegale con una carta di credito/debito od un account Paypal o qualunque altro metodo tracciabile, sia un Harakiri ed una scelta evidentemente stupida.

Un Nome ed un Cognome non danno adito ad eventuali incomprensioni, anche nel caso in cui la linea di difesa sia “si ma la carta no l’ho usata io”. Ulteriori accertamenti sul luogo ed ora possono indubbiamente fugare i dubbi. A questo punto non resta che augurare al malcapitato di non essere recidivo e “cavarsela” con un’ammenda sostenibile.

Ma se analizziamo i tempi dichiarati dagli organi ed organismi preposti a multare gli utenti, allora vanno fatte alcune considerazioni. Quando si leggge che la GdF impiega non più di 2 minuti per individuare un utilizzatore illegale, ed in quel lasso di tempo raccogliere dati sufficienti per iscriverlo nel registro “da multare”, bisogna raccontare e spiegare come stanno le cose nella realtà.

Si parla di individuazione dell’IP o più generalmente dell’utenza Internet utilizzata (correttamente espressa in: appartenenza ad un ISP, Internet Service Provider, sia esso TIM, Vodafone, Wind3, Tiscali, Fastweb etc…).

Pezzotto

Tecnicamente e realmente come faccio ad individuare in maniera univoca un IP?

A questo punto facciamo partire il cronometro; per individuare un IP certo e definito risalente ad un soggetto le strade da percorrere non sono poi molte, le più efficaci sono gli strumenti di sniffing (in senso generale e generalizzato sono strumenti di analisi dei pacchetti di rete inviati e ricevuti dove leggere i dati, gli IP, ed il traffico internet).

Oppure usare l’Honeypot (Un Honeypot è un sistema di esca progettato per rilevare, deviare o analizzare i tentativi di utilizzo non autorizzato dei sistemi informatici. Controlla e segue le connessioni simulando parti legittime di una rete che appaiono preziose per gli aggressori ma che in realtà sono ambienti isolati e monitorati. Ciò consente ai professionisti della sicurezza di osservare e studiare il comportamento degli aggressori senza rischiare di danneggiare i sistemi reali).

Se sostituiamo i tentativi di utilizzo non autorizzato con un range di IP che stanno tentanto la connessione a quella risorsa, e sostituiamo gli aggressori con i comuni utenti Web, ed ancora i professionisti della sicurezza con gli attori più o meno autorizzati, allora abbiamo una serie di dati su cui ragionare.

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Oppure un’altra stada percorribile potrebbe essere quella di “accedere” al Server della risorsa e monitorare le connesioni in entrata e relativi IP, strada per ovvi motivi pressochè impraticabile visto che sarebbe come Hackerare il Server, a passare dalla parte del torto. Sarebbe invece plausibile richiedere al Server individuato come ospitante la risorsa, l’accesso o i Log di utilizzo ma anche in questo caso giurisdizioni o politiche di riservatezza dei provider di Hosting potrebbero complicare le cose.

E se l’utente (in generale) che si vuole monitorare utilizza una VPN? A questo punto serve una rogatoria al provider VPN che chieda i dati di utilizzo a quell’ora, dal quel dispositivo e soprattutto da chi. Fermo restando che le VPN (quelle serie) applicano e rispettano le politiche di No-Log diventa impossibile risalire all’IP di utilizzo perchè semplicemente non c’è Log da mostrare.

Quanto tempo è passato? …decisamente più di 2 minuti e non si è ancora certi dell’individuazione univoca di un IP a cui commissionare una multa.

Lo scopo di questo articolo non è ne tranquillizzare i “clienti” del Pezzotto (ormai termine comune per definire chi paga per usufruire di contenuti IPTV illegalmente), ne tantomeno denigrare il lavoro che le piattaforme e sistemi antipirateria stanno svolgendo, ma piuttosto quello di evidenziare che tracciare, individuare, e confermare un IP a cui essere certi poter inoltrare una sanzione in realtà non è così semplice e soprattutto rapido come professato.

Quindi vale la pena sottolineare che le multe sono state erogate a soggetti che per ignoranza o superficialità si sono resi tracciabili utilizzando sistemi di pagamento che lasciano “tracce”una scia” come fece Pollicino.

E’ altresì chiaro che la politica che si sta facendo nei confronti della lotta alla Pirateria Online sia più intimidatoria (nei confronti del pubblico), promozionale per le attività svolte (al di la dei risultati), piuttusto che efficace, siti e risorse illegali sono comunque accessibili con pochi accorgimenti come VPN o DNS alternativi o sistemi Proxy.

A titolo (solo) informativo va detto che nei casi in cui abbiamo letto di smantellamenti di reti IPTV pirata, i risultati sono da attribuirsi alle procure interessate che hanno utilizzato sistemi “tradizionali” ed in seguito a specifiche richieste dei Giudici coinvolti. Il sistema Piracy Shield di per sè non è stato influente o direttamente esecutivo, nonostante gli vengano attribuiti interventi risolutivi, l’Italica piattaforma antipirateria ha ancora un ruolo secondario nel panorama dell’esecutività efficace (proclami o meno).

L’inchiesta e’ partita dopo che il nucleo GdF di Lecce ha sequestrato, nell’autunno scorso, dei server pirata nelle campagne Salentine. Evidentemente in quelle apparecchiature, oppure in quelle proprie dei “‘gestori”, e’ stato facile rintracciare la contabilta’ ed i mezzi di pagamento tracciabili che quei circa 2200 utenti hanno usato.

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