L’ accesso a Internet e la fruizione dei suoi servizi non sono garantiti allo stesso modo in tutto il mondo.

In molte zone del Pianeta, lo sappiamo, Internet ancora non esiste, ma in alcuni Paesi, dove esiste, ci sono delle restrizioni molto severe o addirittura censure.

Da anni assistiamo a “blocchi temporanei” all’ accesso alla Rete o ad alcuni dei suoi servizi da parte dei Governi.

In Occidente l’ esempio più eclatante è quelli della Turchia, dove però bisogna ammettere, nonostante la democrazia, ci sono dei problemi seri con i ribelli, la guerra al terrorismo e la vicinanza alle zone di guerra contro l’ Isis. Qui negli ultimi due anni sono stati, per così dire, oscurati servizi come Facebook, Twitter, You Tube ecc. per giorni interi.

Anche in Russia in questi giorni è stato bloccato LinkedIn, il famoso social network dei professionisti, che si usa tra l’altro quasi esclusivamente per lavoro. Perchè i server che conservano i dati degli utenti non risiedono sul suolo russo.

Da un rapporto pubblicato da Freedom House (organizzazione non governativa internazionale, che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani), sulle censure del Web nel 2016, emerge che la libertà sulla Rete è diminuita per il sesto anno consecutivo.

Sono stati presi in esame 65 paesi che rappresentano l’ 88% della popolazione di Internet.

mappa censure web
Mappa delle situazione sulla libertà del Web nel 2016 – da corriere.it

Il Paese più restrittivo è ancora la Cina, seguito da Siria e Iran.

Mentre lo scorso anno erano 15 i Paesi che hanno impedito l’accesso ai Social Network (Facebook, Twitter, ecc.), quest’ anno sono stati 24 i Governi che hanno negato l’accesso a questi servizi.

Paesi come Turchia e Brasile (primo paese al mondo ad approvare una Carta sui diritti in Internet la “Marco Civil da Internet”) sono stati declassati da paesi “parzialmente liberi” a “non liberi”.

Oltre ai social network sono stati censurati anche servizi di messaggistica istantanea come il famoso WhatsApp, in ben 12 Paesi. Il suo concorrente Telegram è stato fermato completamente in Cina perchè divenuto troppo popolare! Soprattutto tra i destabilizzatori del Governo.

In conclusione nel 2016 il “livello di libertà” è diminuito in 34 Paesi su 65 di quelli esaminati.

Di solito i blocchi di Internet derivano da decisioni governative degli Stati, che in particolari momenti sospettano “situazioni di pericolo” per una determinata “situazione politica”.

Si usa bloccare i Social Media. Quest’ anno è già successo in Uganda (a Febbraio) in occasione delle elezioni presidenziali, in Brasile (a Novembre 2015) ai servizi di messaggistica e più recentemente in Zimbabwe, per fermare il movimento di protesta contro il governo.

Access Now, è un’ organizzazione internazionale per i diritti digitali, che si occupa di registrare e documentare i blocchi Internet globali.

In  occasione del Black Friday ha lanciato una campagna internazionale : “Keep It On”, per combattere contro i blocchi governativi di Internet.

Questa campagna prende il nome da una coalizione di 100 organizzazioni di oltre 50 Paesi, che si stanno impegnando a rifiutare gli “Internet Shutdown” a tutti i livelli, dalle Nazioni Unite ai Governi, compresi gli stakholders come investitori e aziende di telecomunicazioni.

Ma cosa sono precisamente gli “Internet Shutdown” (o anche “Blackouts” o “Kill Switches”)?

Sono delle “interruzioni intenzionali di Internet” e/o di “comunicazioni elettroniche” da parte dei Governi, che “impediscono l’ accesso o l’utilizzo di alcuni servizi del Web”, a danno di una popolazione o di un determinato luogo, esercitando un “controllo sul flusso delle informazioni”.

 “I blocchi di internet sono un primo segnale d’allarme di altre atrocità”

– ci spiega Deji Bryce Olukotun, senior global advocacy manager di Access Now. –

Bloccando i servizi di emergenza si impedisce alle persone di comunicare con i propri cari.

Queste azioni governative danneggiano l’economia e sono “paragonabili a delle valanghe” che distruggono la crescita economica, le vite umane e le aziende.

La campagna #KeepItOn, promossa in collaborazione con Lush (brand etico di cosmetici freschi e fatti a mano) si propone come obiettivo quello di raccogliere 250.000 £ con la vendita della bomba da bagno in edizione limitata “Error 404”. Il ricavato costituirà un vero fondo digitale per sostenere i diritti digitali.

La campagna terminerà il 7 dicembre 2016.

Entro tale data “le petizioni (www.accessnow.org/keepiton) che esortano i leader mondiali a “non interrompere l’ accesso alla Rete Internet” saranno consegnate ai Governi che parteciperanno all’ “Internet Governance Forum (Igf 2016)”, che si terrà a Guadalajara in Messico.

 

Il Web è libertà!
Salvaguardiamolo!
E’ nostro interesse.





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