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Il sistema antipirateria sembra brancolare nel buio ma sceglie una strada pericolosa.

Abbiamo scritto soltanto un paio di giorni fa di antipirateria, di proclami e realtà e cercato di analizzare quali sono invece gli aspetti reali e realistici delle conseguenze che la lotta alla pirateria dovrebbe portare. Siamo a scrivere nuovamente della questione multe in derivazione alla recente operazione e relativo smantellamento della rete di IPTV illegale portata a termine nel Salentino lo scorso Ottobre.

L’avvocato Paolo Cantelmo (difensore di uno degli indagati) fa ulteriore luce sulla questione ridimensionandola a quello che si potrebbe paragonare ad un “Bluff”. Il caso in realtà è stato aperto nel 2022 da fatti (o presunti tali) risalenti addirittura al 2017.
Il difensore fa nota di un procedimento che in realtà si basa su delle supposizioni e che mancano prove oggettive:

“Contrariamente a quanto erroneamente riportato da alcune testate, non è mai stata individuata e/o sequestrata alcuna centrale per lo smistamento di segnali criptati, così come non sono mai stati individuati decoder per la decriptazione, server o flussi di segnali pirata”.

Perfino il consulente tecnico della Procura della Repubblica dichiara e verbalizza:

“È stata verificata dallo scrivente l’assenza di server per la decodifica dei segnali PayTV nei dispositivi sottoposti a sequestro.”

antipirateria

Antipirateria, cosa sta succedendo?


Le indagini preliminari (il cui termne è scaduto lo scorso Aprile) hanno quindi ipotizzato il reato sulla base di soli elementi indiziari.
Le multe però sono state sollevate e recapitate (in alcuni casi dalla Guardia di Finanza direttamente a casa dei soggetti), ed è paradossale che venga attuato un procedimento quando, di fatto, il reato non sia stato ancora contestato definitivamente, quindi a procedimento ancora aperto.

Un collega (civilista) del difensore Avvocato Paolo Cantelmo sta raccogliendo i ricorsi dei multati nutrendo forti perplessità sulla leggitimità delle sanzioni trasmesse.

  • non è stato identificato alcun indirizzo IP dei clienti
  • non è stato sequestrato o visionato alcun dispositivo hardware in possesso ai clienti
  • non è stata indicata quale opera protetta sarebbe stata violata
  • non è stato indicato dove, quando o in che modo si sarebbe verificata la violazione.

Ci sembra che il sitema antipirateria dopo gli abbagli e gli errori di blocco (vedi il blocco di Google Drive, o le migliaia di siti perfettamente legali rei solo di condividere lo stesso IP di Cloudflare bloccato per troppa veemenza), stia spostando il peso dei suoi errori sulla pelle dei cittadini.
Molti dei multati non hanno mai avuto a che fare con l’IPTV illegale o comunque non hanno mai utilizzato il servizio.

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Evidentemente in mancanza dei supporti fisici dichiarati fuorilegge, gli inquirenti hanno solo incrociato eventuali pagamenti ricevuti e risultanti dagli estratti delle carte degli indagati ma senza nessuna prova certa che fossero per usufruire del servizio illegale, se mai ce ne fosse stato uno.

Se questo tipo di approccio venisse ulteriormente confermato ci troviamo di fronte ad un pericoloso precedente che potrebbe minare la credibilità di alcune istituzioni ed instillare il dubbio che possano essere state invitate alla riscossione pecuniaria da chi in realtà non sa più che pesci pigliare.

Lo abbiamo detto e lo ripetiamo e solo perchè è una palese evidenza, i siti che trasmettono eventi sportivi in streaming in maniera illegale (non detenendone i diritti), o le risorse IPTV pirata continuano ed esistere ed i blocchi dichiarati funzionano solo ed esclusivamente per chi NON utilizza una VPN, un Proxy o fa un cambio di DNS.

Ed è il motivo per il quale Agcom (a mezzo degli emendamenti proposti ed approvati recentemente nel decreto Obnibus) ha obbligato i provider VPN e DNS ad adeguarsi alla legge antipirateria ed affiliarsi alla piattaforma Piracy Shield. Evidentemente un obbligo che non è rispettato in virtù di opposizioni e motivazioni tecniche e di “mission” aziendali.

Far leva sul timore di dover pagare una sanzione se uso un servizio illegale ha giustificate e condivise motivazioni, ma utilizzare il terrore per coprire i buchi che il sistema sta creando sembra, perlomeno, poco professionale ed un pò generalista.


Ci si aspetta che in casi come questo ci siano dei veri colpevoli a fronte di prove certe e cerificate, che gli utilizzatori finali abbiano realmente pagato per usufruire di quel servizio pirata, con transazioni documentate e che soprattutto ci sia un procedimento finito e con relative condanne anzichè un procedimento di fatto ancora aperto e senza colpevoli individuati. Condannare su delle supposizioni o commisurare sanzioni “nel mucchio” ci pare un pò troppo superficiale per un Paese che si dichiara democratico.

fonte e spunto

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